TORINO SOLARE
Stretta
fra il Po e la Dora, Torino racchiude inestricabili segreti, riconducibili
forse alla sua stessa fondazione.
La
leggenda infatti narra che dalle lande del nord, gli antichi Taurisci, portando
con loro la mitologia legata al sacro monte di Thor, discesero fermandosi alla
confluenza dove questi due fiumi formano una ipsilon Y, simbolo che richiama il
bivio, la scelta fra la destra rivolta verso il cielo e la sinistra rivolta
verso gli inferi.
In
riferimento alla mitologia greca, un'altra saga narra dei sacrifici dei tori
che il primo re di Atene, Cecrope, immolava a Giove, il quale si era unito alla
divina Jo, che Ovidio assimila ad Iside. L’Italia si chiamava allora
Appenninia, in riferimento al dio Api. La prima città dopo le Alpi venne così
dedicata al toro solare, dal quale prese il nome: Torino.
Il
culto verso la gran madre egizia Iside, sembra si svolgesse su di un ninfeo
collinare prossimo al luogo ove oggi sorge la chiesa della Gran Madre.
Emanuele
Filiberto Pingone (1525-1582) che scrisse la storia dei Savoia e di Torino
propose nella sua opera Augusta
Taurinorum la leggenda della fondazione di questa città rifacendosi all’opera
del frate domenicano Annio da Viterbo (1432-1502). Tutto sarebbe iniziato nel
1529 a. C., quando il figlio di Iside, Fetonte o Eridiano, fondò alcune colonie
sul confine tra Liguria e Piemonte. Sarebbe poi caduto nel Po durante una corsa
su un carro che la leggenda trasformò in carro solare. Ove cadde, venne eretto
un cippo e poi un grande tempio dedicato al dio Sole, disposto verso oriente,
intorno al quale si formò la città chiamata prima Euridania o Fetontia, poi
Torino.
Sarebbero
stati gli stessi sacerdoti a distruggere questo tempio, per evitare che venisse
profanato celandone così i segreti agli invasori, ultimi i romani. Le antiche e
sacre reliquie insieme ad una grande ruota d’oro, riconducibile alla simbologia
solare, sarebbero state celate in un luogo segreto. Si parla di un tempio
sotterraneo localizzato sotto la pianta di Torino, il cui ingresso e passaggi
sarebbero ancora ben custoditi e sconosciuti ai profani. In questo gigantesco
tempio solare si sarebbero svolte le antiche cerimonie ed i rituali che delle
popolazioni arcaiche le quali si radunavano periodicamente nella piana
racchiusa tra la Dora e il Po.
Quanto
narrato dal Pingone troverebbe riscontri pur vaghi in una iscrizione posta su
una statua dedicata ad Iside, ritrovata nel 1567, tra le rovine dall’antica
cittadella. Questo ritrovamento sembra alludere ad un tempio dedicato alla
stessa dea egizia, sul quale sarebbe stata eretta una chiesa dedicata a san
Solutore Maggiore, distrutta poi durante l’occupazione francese della città (1536-1563).
La
leggenda del tempio di Iside non si è esaurita col tempo. L’azione spirituale
di questa divinità sarebbe legata al culto segreto ad essa ancora rivolto da
parte di ristrette confraternite. Voci dicono che alcuni Savoia stessi fossero
molto interessati a questa dea alla religiosità ed ai reperti egizi, riportando
a questa causa la costruzione dell’attuale museo egizio.
Resta però un fatto che sulle sponde del Po alla mezzanotte dell’8 ottobre 1859 sulla riva destra del Po, come da rituale, veniva costituita ufficialmente la loggia Ausonia, dopo che 45 anni prima, nel 1814, un editto aveva sancito “la proibizione delle congreghe ed adunanze segrete, qualunque ne sia la denominazione loro, e massime quelle de’ così detti Liberi Muratori, già proibita col Regio Editto del 20 maggio 1794”.
Oltre
ai sette fratelli fondatori, venne a far parte di questa loggia torinese,
Felice Govean, direttore della Gazzetta del Popolo, alfiere
dell’anticlericalismo torinese, curatore della rubrica “Il Sacco nero”, nonché
autore del dramma “I Valdesi”, pubblicato nel 1852. Questi primi esponenti, il
20 dicembre: “allo scopo di stabilire un Grande Oriente Italiano, scopo del
quale si radunarono già altre volte … deliberarono che oggi stesso dovesse
ritenersi costituito il Grande Oriente Italiano sotto il titolo di Grande
Oriente d’Ausonia” posto sotto l’obbedienza del Grande Oriente di Parigi.
Si
consideri peraltro che il debito esterno del Piemonte, consolidatosi dopo anni
di continue guerre, raggiunse la cifra esorbitante di tre miliardi di lire,
considerando il prodotto interno del Piemonte che ammontava a nove miliardi. Il
sistema bancario francese era in mano ai Rothschild, venerabili del 33° del
Grande Oriente Francese. Quindi la scelta dell’oriente francese rispetto a
quello inglese fu assai conveniente per il Piemonte e casa Savoia.
Non
per niente, lo sviluppo di questa loggia piemontese coincise con il ritorno al
potere di Cavour, il quale attraverso di essa propagò la sua azione di politica
moderata per preparare l’emancipazione italiana, sotto l’egida dei Savoia. A
questa neo-loggia aderirono presto molte piccole logge italiane, già aderenti
alla massoneria francese. Nel contempo vennero isolate quelle di obbedienza al
rito scozzese, rito al quale apparteneva anche Giuseppe Garibaldi.
“Cavour,
diabolicamente, aveva saputo giocare su due tavoli o meglio sulle due
massonerie francesi e inglesi. In prima battuta, per preparare gli “eventi del
sud”, abilmente si era servito dell’Inghilterra, che gli aveva organizzato un
piano di calunnie con fomentazione varie sul territorio italiano; spregiudicatamente
si era poi rivolto all’aiuto francese, sia per la guerra che per l’affare delle
banche, e in ultimo si affidava, come se niente fosse, all’aiuto massonico
inglese, in stretto collegamento con la massoneria americana” (Dora Liguori, Quell’amara unità d’Italia, Sibilla
Editrice, Roma 2010, p.156).
Questa
azione politica di Cavour tramite le logge massoniche offriva tre benefici ai tre
rispettivi operatori del piano di liberalizzazione del territorio italico: con
la conquista del meridione l’Inghilterra poteva avere via libera nello
sfruttamento delle miniere siciliane di zolfo ed i commerci con l’Oriente
attraverso il canale di Suez, ai Rothschild veniva assicurato l’accesso alle
pingui casse del Banco di Sicilia e di Napoli in mano ai Borboni, al Piemonte sarebbe
toccata l’unificazione e la sottomissione sotto l’egida dei Savoia di tutta
l’Italia.
In
virtù di tali grandi meriti strategici sotterranei, Cavour si presentava come
il candidato ideale per reggere il Supremo Maglietto dell’Oriente Italiano. Il
Gran Maestro di questa loggia Filippo Delfino, si riferì allo statista
piemontese definendolo “nostro fratello conte Camillo Cavour … personaggio non
estraneo ai nostri misteri”. Il quale tuttavia esitò a dichiarare la propria
appartenenza alla Libera Muratoria per fini diplomatici e carrieristici, per
meglio perseverare nella sua azione di politica espansiva e di rivoluzione
sotterranea nell’ambiente liberale moderato. Egli avrebbe dovuto assumere la
suprema carica di Gran Maestro, come auspicava lo stesso Govean, se non fosse
per la sua repentina ed inattesa dipartita avvenuta il 6 giugno 1861, all’età
di 51 anni. Egli comunque continuò ad essere celebrato nella terza loggia
torinese, denominata appunto “Cavour” e fondata pochi mesi dopo la sua repentina
morte, il 17 dicembre 1861.