venerdì 20 gennaio 2023

 

                                    TORINO SOLARE




Stretta fra il Po e la Dora, Torino racchiude inestricabili segreti, riconducibili forse alla sua stessa fondazione.

La leggenda infatti narra che dalle lande del nord, gli antichi Taurisci, portando con loro la mitologia legata al sacro monte di Thor, discesero fermandosi alla confluenza dove questi due fiumi formano una ipsilon Y, simbolo che richiama il bivio, la scelta fra la destra rivolta verso il cielo e la sinistra rivolta verso gli inferi.

In riferimento alla mitologia greca, un'altra saga narra dei sacrifici dei tori che il primo re di Atene, Cecrope, immolava a Giove, il quale si era unito alla divina Jo, che Ovidio assimila ad Iside. L’Italia si chiamava allora Appenninia, in riferimento al dio Api. La prima città dopo le Alpi venne così dedicata al toro solare, dal quale prese il nome: Torino.

Il culto verso la gran madre egizia Iside, sembra si svolgesse su di un ninfeo collinare prossimo al luogo ove oggi sorge la chiesa della Gran Madre.

Emanuele Filiberto Pingone (1525-1582) che scrisse la storia dei Savoia e di Torino propose nella sua opera Augusta Taurinorum la leggenda della fondazione di questa città rifacendosi all’opera del frate domenicano Annio da Viterbo (1432-1502). Tutto sarebbe iniziato nel 1529 a. C., quando il figlio di Iside, Fetonte o Eridiano, fondò alcune colonie sul confine tra Liguria e Piemonte. Sarebbe poi caduto nel Po durante una corsa su un carro che la leggenda trasformò in carro solare. Ove cadde, venne eretto un cippo e poi un grande tempio dedicato al dio Sole, disposto verso oriente, intorno al quale si formò la città chiamata prima Euridania o Fetontia, poi Torino.

Sarebbero stati gli stessi sacerdoti a distruggere questo tempio, per evitare che venisse profanato celandone così i segreti agli invasori, ultimi i romani. Le antiche e sacre reliquie insieme ad una grande ruota d’oro, riconducibile alla simbologia solare, sarebbero state celate in un luogo segreto. Si parla di un tempio sotterraneo localizzato sotto la pianta di Torino, il cui ingresso e passaggi sarebbero ancora ben custoditi e sconosciuti ai profani. In questo gigantesco tempio solare si sarebbero svolte le antiche cerimonie ed i rituali che delle popolazioni arcaiche le quali si radunavano periodicamente nella piana racchiusa tra la Dora e il Po.

Quanto narrato dal Pingone troverebbe riscontri pur vaghi in una iscrizione posta su una statua dedicata ad Iside, ritrovata nel 1567, tra le rovine dall’antica cittadella. Questo ritrovamento sembra alludere ad un tempio dedicato alla stessa dea egizia, sul quale sarebbe stata eretta una chiesa dedicata a san Solutore Maggiore, distrutta poi durante l’occupazione francese della città (1536-1563).

La leggenda del tempio di Iside non si è esaurita col tempo. L’azione spirituale di questa divinità sarebbe legata al culto segreto ad essa ancora rivolto da parte di ristrette confraternite. Voci dicono che alcuni Savoia stessi fossero molto interessati a questa dea alla religiosità ed ai reperti egizi, riportando a questa causa la costruzione dell’attuale museo egizio.

Resta però un fatto che sulle sponde del Po alla mezzanotte dell’8 ottobre 1859 sulla riva destra del Po, come da rituale, veniva costituita ufficialmente la loggia Ausonia, dopo che 45 anni prima, nel 1814, un editto aveva sancito “la proibizione delle congreghe ed adunanze segrete, qualunque ne sia la denominazione loro, e massime quelle de’ così detti Liberi Muratori, già proibita col Regio Editto del 20 maggio 1794”.

Oltre ai sette fratelli fondatori, venne a far parte di questa loggia torinese, Felice Govean, direttore della Gazzetta del Popolo, alfiere dell’anticlericalismo torinese, curatore della rubrica “Il Sacco nero”, nonché autore del dramma “I Valdesi”, pubblicato nel 1852. Questi primi esponenti, il 20 dicembre: “allo scopo di stabilire un Grande Oriente Italiano, scopo del quale si radunarono già altre volte … deliberarono che oggi stesso dovesse ritenersi costituito il Grande Oriente Italiano sotto il titolo di Grande Oriente d’Ausonia” posto sotto l’obbedienza del Grande Oriente di Parigi.

Si consideri peraltro che il debito esterno del Piemonte, consolidatosi dopo anni di continue guerre, raggiunse la cifra esorbitante di tre miliardi di lire, considerando il prodotto interno del Piemonte che ammontava a nove miliardi. Il sistema bancario francese era in mano ai Rothschild, venerabili del 33° del Grande Oriente Francese. Quindi la scelta dell’oriente francese rispetto a quello inglese fu assai conveniente per il Piemonte e casa Savoia.

Non per niente, lo sviluppo di questa loggia piemontese coincise con il ritorno al potere di Cavour, il quale attraverso di essa propagò la sua azione di politica moderata per preparare l’emancipazione italiana, sotto l’egida dei Savoia. A questa neo-loggia aderirono presto molte piccole logge italiane, già aderenti alla massoneria francese. Nel contempo vennero isolate quelle di obbedienza al rito scozzese, rito al quale apparteneva anche Giuseppe Garibaldi.

“Cavour, diabolicamente, aveva saputo giocare su due tavoli o meglio sulle due massonerie francesi e inglesi. In prima battuta, per preparare gli “eventi del sud”, abilmente si era servito dell’Inghilterra, che gli aveva organizzato un piano di calunnie con fomentazione varie sul territorio italiano; spregiudicatamente si era poi rivolto all’aiuto francese, sia per la guerra che per l’affare delle banche, e in ultimo si affidava, come se niente fosse, all’aiuto massonico inglese, in stretto collegamento con la massoneria americana” (Dora Liguori, Quell’amara unità d’Italia, Sibilla Editrice, Roma 2010, p.156).

Questa azione politica di Cavour tramite le logge massoniche offriva tre benefici ai tre rispettivi operatori del piano di liberalizzazione del territorio italico: con la conquista del meridione l’Inghilterra poteva avere via libera nello sfruttamento delle miniere siciliane di zolfo ed i commerci con l’Oriente attraverso il canale di Suez, ai Rothschild veniva assicurato l’accesso alle pingui casse del Banco di Sicilia e di Napoli in mano ai Borboni, al Piemonte sarebbe toccata l’unificazione e la sottomissione sotto l’egida dei Savoia di tutta l’Italia.

In virtù di tali grandi meriti strategici sotterranei, Cavour si presentava come il candidato ideale per reggere il Supremo Maglietto dell’Oriente Italiano. Il Gran Maestro di questa loggia Filippo Delfino, si riferì allo statista piemontese definendolo “nostro fratello conte Camillo Cavour … personaggio non estraneo ai nostri misteri”. Il quale tuttavia esitò a dichiarare la propria appartenenza alla Libera Muratoria per fini diplomatici e carrieristici, per meglio perseverare nella sua azione di politica espansiva e di rivoluzione sotterranea nell’ambiente liberale moderato. Egli avrebbe dovuto assumere la suprema carica di Gran Maestro, come auspicava lo stesso Govean, se non fosse per la sua repentina ed inattesa dipartita avvenuta il 6 giugno 1861, all’età di 51 anni. Egli comunque continuò ad essere celebrato nella terza loggia torinese, denominata appunto “Cavour” e fondata pochi mesi dopo la sua repentina morte, il 17 dicembre 1861.