L’ipotesi del movimento della Terra,
presentata da Copernico agli esordi del 1500, venne inizialmente bene accolta
dalle gerarchie cattoliche. Leone X se ne interessò, anche il papa Clemente
VII, nel 1533, ne venne a conoscenza e l’accolse senza particolari riserve. Sembra quindi
inspiegabile il fatto che, 70 anni dopo, la teoria copernicana venne censurata
dalle stesse gerarchie cattoliche che l’avevano benignamente accolta. Il
“dietro front” della Chiesa nei confronti di Galileo e dell’ipotesi
copernicana, va pertanto ricercato in motivazioni estranee alla pura scienza
sperimentale, della quale peraltro si faceva eroico paladino il “maligno
pisano, sorto ad imbrogliare le cose”, come lo definì Carlo Emilio Gadda nella
sua Meditazione milanese.
Difatti, soltanto in seguito all’intervento
di Galilei, l’ipotesi eliocentrica suscitò polemiche, riserve e condanne, sfociate
infine nella messa all’indice di tale teoria da parte della Chiesa Tridentina. Per
chiarire gli aspetti oscuri della questione galileiana è utile richiamare
l’opera di Giordano Bruno. Il quale nel suo libro, La cena delle ceneri,
scrisse che il modello eliocentrico conteneva il vero senso: «dell’antiqua vera filosofia, per tanti secoli sepolta
nelle tenebrose caverne della cieca, maligna proterva ed invida ignoranza». Del
resto, lo stesso Bruno egli giudicava Copernico: «studioso più de la matematica
che de la natura». In realtà, l’ex
frate domenicano conosceva a malapena il lato scientifico della teoria
copernicana, come si evince dalla lettura del testo sopra citato. I suoi
avversari non lo avrebbero di certo condannato al rogo per tali opinioni,
scopiazzate dall’opera di Marsilio Ficino. Difatti, quando gli Inglesi se ne
accorsero lo cacciarono in malo modo dal loro paese.
Peraltro, è
risaputo che Galilei venne informato dell’interpretazione bruniana della teoria
di Copernico, quindi del suo significato metaforico e magico, da parte di un
altro controverso personaggio, Tommaso Campanella, che conosceva personalmente
molto bene. I due si incontrarono a Padova, anche con Paolo Sarpi, il noto
protagonista di una forte oppositore al Papato, e con l’esoterista Gian
Battista Della Porta, autore del libro, all’epoca famoso, Magiae naturalis Libri XX (Napoli 1589).
Bruno era convinto che l’ipotesi
eliocentrica, apparentemente astronomica, raffigurasse simbolicamente l’antico
culto egizio del Sole. Egli sosteneva che, grazie al modello eliocentrico abbozzato
da Copernico, la verità magica, nella quale il Sole veniva considerato il Dio
visibile secondo gli insegnamenti di Ermete Trismegisto, stesse venendo alla
luce, dopo essere stata soffocata per molti secoli dai cristiani, da lui
definiti “falsi Mercuri”. Il Nolano era persuaso che l’avvento del
copernicanesimo avrebbe determinato la rinascita del dio Sole e, di
conseguenza, il controesodo che avrebbe riportato la società verso un’epoca
aurea, egizia, regolata dal dominio dei sacerdoti solari, evocatori e cultori
di quegli spiriti planetari descritti da Ermete Trismegisto nel suo Corpus
Hermeticum.
Era questa la motivazione segreta
che fece di Bruno un sostenitore accanito, insieme a Tommaso Campanella, della
teoria eliocentrica. Il culto del Sole avrebbe dovuto assorbire ed unificare nel
tempo a venire tutte le religioni, in una sorta di sincretismo universale e di
un governo unico mondiale, regolato dal suddetto re e sacerdote solare, che
avrebbe assorbito con la Chiesa Romana anche la sua autorità e potenza. Fu l’avversione
contro la Chiesa Romana che motivò molti personaggi di potere, anche
ecclesiastico, pur essendo estranei agli argomenti astronomici eliocentrici, a correre
in sostegno a Galilei, sul quale da tempo gravavano sospetti di ambiguità e di
vicinanza agli ambienti protestanti e filo bruniani.
Continuano ad essere molti gli
studiosi che si sforzano di mettere in evidenza questo aspetto, insieme agli
impensabili legami che allacciano la scienza moderna all’irrazionalismo magico.
L’influsso rilevante che la tradizione magico-ermetica esercitò sul pensiero
degli esponenti della rivoluzione scientifica infatti è stato messo in rilievo a
partire da W. Pagel, E. Garin, P. Rossi, F. A. Yates, D. P. Walker, A. Debus,
M. Eliade, M. Caleo. Questo connubio fra scienza e magia, fra quantità e
qualità, si determinò in particolare nella corte fiorentina della famiglia de’
Medici, da dove si espanse in tutt’Europa.
Il rapporto di Copernico stesso con i pitagorici e gli
ermetisti rinascimentali è sempre stato sottovalutato, pur essendo di
fondamentale importanza. Infatti, in tale prospettiva, emerge il legame
certamente ideale, ma forse non solo, del medico ed astronomo della Warmia con
gli umanisti italici che, alla luce delle linee tracciate dall’Accademia Romana
di Pomponio Leto, tramavano in ambito culturale per definire il tramonto della
Scolastica ed il ritorno al classicismo precristiano.
Il giovane Copernico, infatti, rimasto orfano del
padre all’età di dieci anni, venne allevato dallo zio materno, Lucas
Watzenrode, vescovo della ricca regione della Warmia, contesa dalla Prussia,
dall’Ordine Teutonico e dalla Polonia. Alla corte del re di Polonia ebbe modo
di essere influenzato nella crescita personale da un personaggio assai
equivoco, Filippo Buonaccorsi. Costui, rifugiatosi in Polonia nel 1470, era il
principale imputato dell’attentato tramato dagli appartenenti all’Accademia
Romana di Pomponio Leto, ai danni del Papa Paolo II e venne assunto alla corte
del re polacco come precettore dei suoi figli e poi nominato ambasciatore
polacco in Venezia.
Il Santo Uffizio non tardò a rendersi
conto che nel Dialogo fosse presente
un riferimento, un messaggio segreto di stampo bruniano in base al quale sia il
modello eliocentrico che il movimento della Terra e la centralità del Sole
assumevano significati magici e sovversivi. Un riferimento profondamente
anticlericale, che si riallaccia al culto del dio Sole, praticato in Eliopolis, città egizia dei
sacerdoti-maghi esaltati da Bruno. Ma anche prototipo della Civitas solis, decantata da Campanella,
in stretto contatto con
allievi tedeschi che lo visitavano in prigione e che riuscirono a portare alcune
sue opere in Germania dove operavano segretamente i Rosacroce.
In genere, si è soliti affermare
che la rivoluzione eliocentrica si concluse nel momento stesso in cui venne
accettata dalla comunità scientifica ufficiale. Tutte le informazioni che
vengono fornite in proposito attestano tale conclusione. Tuttavia, in base a
quanto detto, circa l’aspetto recondito e poco considerato di tale teoria,
possiamo affermare che tale sovvertimento non si è affatto concluso, ma sta ancora
operando per giungere al termine della sua fase finale. Il compimento, cioè, del
suo fine supremo ed occulto, avviato nella segretezza, non senza influssi
preternaturali, da alcuni circoli rinascimentali, non estranei a qualche alto
prelato cattolico di facciata, ma di cuore filo protestante.
Per tali ragioni occulte, a partire
dalla metà del 1500, non soltanto la Terra venne messa in moto nelle menti
umane. Ma anche la ragione, la società, la legge naturale, la stessa religione
subirono gli influssi rivoluzionari dell’ideologia eliocentrica, che avrebbero provocato
ribaltamenti di ogni genere giustificati, in campo filosofico, dall’opera di
Cartesio e di Kant. Da allora, si è avviato a tutti gli effetti e con decisione
il processo di secolarizzazione e di allontanamento dell’uomo dal riferimento
religioso e metafisico del Cristianesimo sulla mente, sulla morale, sul
linguaggio individuale e collettivo. Tale opera iniziata dagli esoteristi e
dagli pseudo astronomi rinascimentali si è manifestata nel tempo attraverso un grave
inganno iniziale. Quello del baratto della realtà percepita (la quiete della
Terra) con quella immaginata (la sua presunta rotazione e traslazione). Tale
ingannevole scambio ci è costato assai caro, dal momento che continuiamo a scontarlo,
di giorno in giorno, nella diffusa scomposizione che si manifesta in quasi
tutti gli ambiti, a partire da quello religioso.