domenica 2 marzo 2025

 


Tra i molteplici personaggi rappresentativi del XX secolo, Einstein e Padre Pio hanno svolto un ruolo del tutto particolare, anche se espresso negli ambiti diversi della scienza umana e della sapienza divina. Non sarebbe nemmeno possibile un raffronto fra essi, vista la disparità delle categorie in gioco. La scienza moderna infatti non serve ad acquisire il lumen gloriae, «che è un’emanazione della potenza di Dio» (Sap 7, 25) e che pertanto costituisce un dono gratuito della grazia divina.

 

È molto probabile, senza offesa per il Santo, che Padre Pio ignorasse del tutto la teoria di Einstein sullo spazio-tempo e le “delizie” relative al tensore di Riemann-Christoffel. Eppure, egli era in grado di svolazzare a piacere nel “cronotopo” di Minkowski, faticosamente indagato da Einstein, pur restando rinchiuso nella sua cella in Monte Rotondo. Egli stesso confidò: «La notte vado sempre girando. Non c’è bisogno dell’obbedienza dei superiori» (in G. Martinetti, Le prove dell’aldilà, Rizzoli, Milano 1990, p. 121), alludendo alle sue esperienze sulla bilocazione.

 

I viaggi di padre Pio erano istantanei, non avevano durata e gli consentivano di trovarsi “contemporaneamente” in luoghi molti distanti, violando il secondo principio della relatività. Il Santo si presentava con un corpo del tutto simile a quello rimasto nel convento del Gargano. Conversava, pregava, o assisteva silenziosamente l’interlocutore, manifestando talora la sua “visita” con il famoso effluvio di profumo. Libri e libri di testimonianze raccolte in proposito.

 

Benché attestati da molti Santi venerati dalla Chiesa, la scienza nutre una sorta di timore per i fenomeni mistici che la contraddicono palesemente. Li stigmatizza, relegandoli direttamente nell’ambito della superstizione, senza indagarli per timore di essere smentita. Tutti i Santi dotati di doni ascetici dimostrano invece la realtà effettiva del fenomeno della bilocazione. Avvenimento che non consiste nel vedere qualcosa a distanza come nell’evanescenza di un sogno o come un film proiettato su uno schermo lontano. Ma nell’immergersi concretamente nelle coordinate reali del luogo visitato, ben sapendo che il corpo materiale è rimasto altrove.

 

Sono molteplici i Santi e Beati che hanno sperimentato già in vita la realtà di quel «corpo celeste» nel quale, in virtù del potere redentivo di Cristo «tutti saremo trasformati» (1 Cor 15, 49-51). Secondo san Tommaso, questo nuovo corpo non si corrompe, non invecchia, non soffre. È agile e può spostarsi nello spazio in moto rapidissimo. È dotato di sensi superiori. È luminoso, leggero e sottile, del tutto soggetto alla volontà. È in grado di attraversare la materia solida. Può apparire e scomparire a piacimento. Conserva per sempre l’età di circa trent’anni, non è soggetto a bisogni fisici di alcun tipo, né tantomeno ad appetiti o istinti di vario genere (cfr. S. Th. Suppl. 82, 1, 6 e sgg).

 

I mistici che hanno sondato misteriosamente la realtà divina, più che da una grande cultura o genialità intellettuale, sono accomunati da una fondamentale caratteristica evangelica: la semplicità di cuore, molto cara a Gesù. Che infatti esclamò: «Ti benedico o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli …» (Mt 11, 25). E sulla stessa linea san Paolo aggiunse che: «Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti … perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio» (1 Cor 1, 27-29).

 

Per questa predilezione divina, e non per le loro doti intellettuali, padre Pio, don Bosco e molti altri sono stati in grado di superare le più inflessibili leggi della natura, pur senza conoscerle, sperimentando che davvero: «La sapienza è il più agile di tutti i moti; per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa» (Sap 7, 24). D’altra parte, all’ignoranza dei Beati circa la scienza moderna, corrisponde quella degli scienziati riguardo alla religione cattolica e alla realtà trascendente. Sant’Agostino già ai suoi tempi annotava in proposito che: «Le divine Scritture insegnano a evitare e irridere non tutti i filosofi, ma i filosofi di questo mondo. C’è infatti un altro mondo, lontanissimo da questi occhi, che l’intelletto di pochi sani riesce a vedere, come afferma lo stesso Cristo, che non dice: Il mio Regno non è del mondo, ma: Il mio Regno non è di questo mondo» (De ordine, 11, 32).

 

Sta di fatto che il grande Einstein non riuscì a percepire minimamente la presenza di questa dimensione eterna e perfetta, semplicemente perché non credeva che la fede cristiana possa arricchire enormemente la ragione, senza mortificarla. Questa sua chiusura verso la trascendenza ha reso la sua dottrina scientifica un riflesso del suo panteismo cosmico all’interno del quale egli restò relegato. E nel quale relegò e relega ancora i suoi epigoni di ogni livello.

 

Egli non entrò in “contatto” con la dimensione divina e con il Dio, Uno e Trino, nel quale ribadì più volte di non credere. Ebbe forse altri tipi di “contatti”. Upton Sinclair riferisce infatti che Einstein partecipò ad una seduta spiritica, durante la quale riuscì in assenza del medium a far sollevare un tavolino, dimostrando così di possedere le facoltà tipiche dei medium (L. Talamonti, Universo proibito, Mondadori, Milano 1971, p. 285).

 

Sembra proprio allora che, più delle equazioni e del raffinato calcolo tensoriale utilizzato da Einstein, siano necessarie ed efficaci per penetrare i segreti della natura le tradizionali pratiche di pietà (santa Messa, Sacramenti, Rosario), tanto raccomandate dalla Chiesa e da tutti gli Eletti, ma del tutto estranee ai protocolli della scienza induttiva.

 

Galilei, citando il cardinal Baronio, affermò che la Sacra Scrittura, ispirata dallo Spirito Santo, servirebbe unicamente per farci andare in cielo, ma non per dirci come va il cielo. Di riflesso, la scienza umana che ci direbbe come va il cielo, non serve tuttavia per farci entrare. E quindi è del tutto inutile per la salvezza delle anime.

 


venerdì 31 maggio 2024

L’ILLUSIONE ELIOCENTRICA

 




L’ipotesi del movimento della Terra, presentata da Copernico agli esordi del 1500, venne inizialmente bene accolta dalle gerarchie cattoliche. Leone X se ne interessò, anche il papa Clemente VII, nel 1533, ne venne a conoscenza e l’accolse senza particolari riserve. Sembra quindi inspiegabile il fatto che, 70 anni dopo, la teoria copernicana venne censurata dalle stesse gerarchie cattoliche che l’avevano benignamente accolta. Il “dietro front” della Chiesa nei confronti di Galileo e dell’ipotesi copernicana, va pertanto ricercato in motivazioni estranee alla pura scienza sperimentale, della quale peraltro si faceva eroico paladino il “maligno pisano, sorto ad imbrogliare le cose”, come lo definì Carlo Emilio Gadda nella sua Meditazione milanese.

Difatti, soltanto in seguito all’intervento di Galilei, l’ipotesi eliocentrica suscitò polemiche, riserve e condanne, sfociate infine nella messa all’indice di tale teoria da parte della Chiesa Tridentina. Per chiarire gli aspetti oscuri della questione galileiana è utile richiamare l’opera di Giordano Bruno. Il quale nel suo libro, La cena delle ceneri, scrisse che il modello eliocentrico conteneva il vero senso: «dell’antiqua vera filosofia, per tanti secoli sepolta nelle tenebrose caverne della cieca, maligna proterva ed invida ignoranza». Del resto, lo stesso Bruno egli giudicava Copernico: «studioso più de la matematica che de la natura». In realtà, l’ex frate domenicano conosceva a malapena il lato scientifico della teoria copernicana, come si evince dalla lettura del testo sopra citato. I suoi avversari non lo avrebbero di certo condannato al rogo per tali opinioni, scopiazzate dall’opera di Marsilio Ficino. Difatti, quando gli Inglesi se ne accorsero lo cacciarono in malo modo dal loro paese.

Peraltro, è risaputo che Galilei venne informato dell’interpretazione bruniana della teoria di Copernico, quindi del suo significato metaforico e magico, da parte di un altro controverso personaggio, Tommaso Campanella, che conosceva personalmente molto bene. I due si incontrarono a Padova, anche con Paolo Sarpi, il noto protagonista di una forte oppositore al Papato, e con l’esoterista Gian Battista Della Porta, autore del libro, all’epoca famoso, Magiae naturalis Libri XX (Napoli 1589).

Bruno era convinto che l’ipotesi eliocentrica, apparentemente astronomica, raffigurasse simbolicamente l’antico culto egizio del Sole. Egli sosteneva che, grazie al modello eliocentrico abbozzato da Copernico, la verità magica, nella quale il Sole veniva considerato il Dio visibile secondo gli insegnamenti di Ermete Trismegisto, stesse venendo alla luce, dopo essere stata soffocata per molti secoli dai cristiani, da lui definiti “falsi Mercuri”. Il Nolano era persuaso che l’avvento del copernicanesimo avrebbe determinato la rinascita del dio Sole e, di conseguenza, il controesodo che avrebbe riportato la società verso un’epoca aurea, egizia, regolata dal dominio dei sacerdoti solari, evocatori e cultori di quegli spiriti planetari descritti da Ermete Trismegisto nel suo Corpus Hermeticum.

Era questa la motivazione segreta che fece di Bruno un sostenitore accanito, insieme a Tommaso Campanella, della teoria eliocentrica. Il culto del Sole avrebbe dovuto assorbire ed unificare nel tempo a venire tutte le religioni, in una sorta di sincretismo universale e di un governo unico mondiale, regolato dal suddetto re e sacerdote solare, che avrebbe assorbito con la Chiesa Romana anche la sua autorità e potenza. Fu l’avversione contro la Chiesa Romana che motivò molti personaggi di potere, anche ecclesiastico, pur essendo estranei agli argomenti astronomici eliocentrici, a correre in sostegno a Galilei, sul quale da tempo gravavano sospetti di ambiguità e di vicinanza agli ambienti protestanti e filo bruniani.  

Continuano ad essere molti gli studiosi che si sforzano di mettere in evidenza questo aspetto, insieme agli impensabili legami che allacciano la scienza moderna all’irrazionalismo magico. L’influsso rilevante che la tradizione magico-ermetica esercitò sul pensiero degli esponenti della rivoluzione scientifica infatti è stato messo in rilievo a partire da W. Pagel, E. Garin, P. Rossi, F. A. Yates, D. P. Walker, A. Debus, M. Eliade, M. Caleo. Questo connubio fra scienza e magia, fra quantità e qualità, si determinò in particolare nella corte fiorentina della famiglia de’ Medici, da dove si espanse in tutt’Europa.

Il rapporto di Copernico stesso con i pitagorici e gli ermetisti rinascimentali è sempre stato sottovalutato, pur essendo di fondamentale importanza. Infatti, in tale prospettiva, emerge il legame certamente ideale, ma forse non solo, del medico ed astronomo della Warmia con gli umanisti italici che, alla luce delle linee tracciate dall’Accademia Romana di Pomponio Leto, tramavano in ambito culturale per definire il tramonto della Scolastica ed il ritorno al classicismo precristiano.

Il giovane Copernico, infatti, rimasto orfano del padre all’età di dieci anni, venne allevato dallo zio materno, Lucas Watzenrode, vescovo della ricca regione della Warmia, contesa dalla Prussia, dall’Ordine Teutonico e dalla Polonia. Alla corte del re di Polonia ebbe modo di essere influenzato nella crescita personale da un personaggio assai equivoco, Filippo Buonaccorsi. Costui, rifugiatosi in Polonia nel 1470, era il principale imputato dell’attentato tramato dagli appartenenti all’Accademia Romana di Pomponio Leto, ai danni del Papa Paolo II e venne assunto alla corte del re polacco come precettore dei suoi figli e poi nominato ambasciatore polacco in Venezia.

Il Santo Uffizio non tardò a rendersi conto che nel Dialogo fosse presente un riferimento, un messaggio segreto di stampo bruniano in base al quale sia il modello eliocentrico che il movimento della Terra e la centralità del Sole assumevano significati magici e sovversivi. Un riferimento profondamente anticlericale, che si riallaccia al culto del dio Sole, praticato in Eliopolis, città egizia dei sacerdoti-maghi esaltati da Bruno. Ma anche prototipo della Civitas solis, decantata da Campanella, in stretto contatto con allievi tedeschi che lo visitavano in prigione e che riuscirono a portare alcune sue opere in Germania dove operavano segretamente i Rosacroce.

In genere, si è soliti affermare che la rivoluzione eliocentrica si concluse nel momento stesso in cui venne accettata dalla comunità scientifica ufficiale. Tutte le informazioni che vengono fornite in proposito attestano tale conclusione. Tuttavia, in base a quanto detto, circa l’aspetto recondito e poco considerato di tale teoria, possiamo affermare che tale sovvertimento non si è affatto concluso, ma sta ancora operando per giungere al termine della sua fase finale. Il compimento, cioè, del suo fine supremo ed occulto, avviato nella segretezza, non senza influssi preternaturali, da alcuni circoli rinascimentali, non estranei a qualche alto prelato cattolico di facciata, ma di cuore filo protestante.

Per tali ragioni occulte, a partire dalla metà del 1500, non soltanto la Terra venne messa in moto nelle menti umane. Ma anche la ragione, la società, la legge naturale, la stessa religione subirono gli influssi rivoluzionari dell’ideologia eliocentrica, che avrebbero provocato ribaltamenti di ogni genere giustificati, in campo filosofico, dall’opera di Cartesio e di Kant. Da allora, si è avviato a tutti gli effetti e con decisione il processo di secolarizzazione e di allontanamento dell’uomo dal riferimento religioso e metafisico del Cristianesimo sulla mente, sulla morale, sul linguaggio individuale e collettivo. Tale opera iniziata dagli esoteristi e dagli pseudo astronomi rinascimentali si è manifestata nel tempo attraverso un grave inganno iniziale. Quello del baratto della realtà percepita (la quiete della Terra) con quella immaginata (la sua presunta rotazione e traslazione). Tale ingannevole scambio ci è costato assai caro, dal momento che continuiamo a scontarlo, di giorno in giorno, nella diffusa scomposizione che si manifesta in quasi tutti gli ambiti, a partire da quello religioso.

 


lunedì 5 febbraio 2024

LA FALSA PROVA DEL PENDOLO DI FOUCAULT

 

      


                 

 Il fisico francese Jean Bernard Leon Foucault iniziò gli studi di Medicina, abbandonandoli successivamente per dedicarsi, come Galilei, in modo autonomo alla fisica sperimentale. Per dimostrare, a suo modo, l’enigmatico movimento della Terra, elaborando un semplice pendolo, analogo a quello usato in radioestesia, da indovini, astrologi, cultori dell’esoterismo, sedute ipnotiche e attività di questo genere. Nel 1851, pubblicò il risultato del suo esperimento, nell’articolo: “Dimostrazione fisica del movimento di rotazione della Terra per mezzo del pendolo”, Tomo 32 dell’Accademia parigina delle Scienze.

In tale articolo, vengono riportate le osservazioni che egli effettuò, riguardo alla variazione del piano di oscillazione del pendolo. Il quale si rivolge gradualmente in senso destrorso, da oriente ad occidente, in accordo con il movimento del Sole e in genere dei corpi celesti. Questa variazione gli sembrò dimostrare il moto giornaliero del globo terrestre, anche se la terra, secondo la teoria eliocentrica, ruota in senso contrario, sinistrorso, da ovest ad est. Il risultato di questo esperimento viene pertanto considerato in ogni sede come la prova esaustiva, indubitabile e certa del movimento della Terra.



            



Nelle prime battute di questo suo articolo, si rilevano alcuni punti critici.

1 Egli richiede di fare astrazione del movimento di traslazione della terra intorno al Sole che, a suo dire, non avrebbe influenza rispetto al fenomeno messo in evidenza. Questa ipotesi nonostante la velocità di traslazione intorno al sole (circa 30 km/s) sia notevolmente maggiore rispetto alla velocità di rotazione terrestre (circa 464 m/s).

2 Fermat suppone che l’osservatore, idealmente, si sposti fino al polo nord, per semplificare i termini del problema e trovare un punto fermo. Un punto fermo su un sistema previsto in rotazione? E l’inclinazione dell’asse terrestre?

3 Il fisico francese propone di considerare un pendolo composto da una massa pesante omogenea e sferica, sospesa ad un filo flessibile collegato al punto assolutamente fisso, idealizzato in precedenza, posto esattamente sul prolungamento dell’asse di rotazione del globo. Precisa anche che le parti solide che lo supportano non partecipino al movimento giornaliero. La massa può essere di qualunque materiale? Perché allora vengono utilizzati sempre metalli o metalloidi, mai marmo, vetro, plastica? Inoltre, come fanno le parti solide che sorreggono il pendolo a non partecipare alla traslazione della terra intorno al Sole?                                                  

Dopo queste premesse, lo scienziato descrive in modo sintetico lo svolgersi della sua emblematica “prova”. Nella quale non si dimostra la rotazione terrestre in senso assoluto, come invece viene fatto credere. Ma più banalmente si rileva l’esistenza di un moto relativo della terra in rotazione rispetto al cielo fermo, o del cielo in rotazione rispetto alla terra ferma. Questo è l’unico risultato trovato da Foucault, il movimento del cielo rispetto alla terra, interpretabile tuttavia in senso relativistico.

Consideriamo inoltre che, secondo le parole dello scienziato, riportate nella didascalia, si è  obbligati a prendere un punto d’appoggio “assolutamente fermo”, ove fissare il suo pendolo, pur essendo questo inserito in un sistema in movimento, per ipotesi. È logico pensare infatti che la parte rigida, dove si fissa l’estremità superiore del filo del pendolo, non possa essere sottratta al movimento rotatorio diurno. Pertanto, se la terra ruota, ruoterà anche la base d’appoggio del pendolo, pure se per ipotesi posizionato al polo, essendo peraltro l’asse della terra inclinato.

Come è noto, Jean Bernard Foucault (1819-1868) fissò un pendolo lungo 67 metri sulla sommità del Pantheon di Parigi. La sfera di piombo pesava 28 kg. Pendoli più o meno simili sono stati realizzati un po' dappertutto, per catturare e affascinare l’attenzione dei visitatori. Di fronte a tali apparati, sembra effettivamente che tutto funzioni secondo i parametri della scienza. Il movimento rotatorio della Terra sembra davvero essere in grado di produrre un’oscillazione che varia nel senso di quella dei corpi celesti e non della terra. Si spiega tale fenomeno alla luce del principio di Mach. Il quale afferma che la forza di inerzia che agisce sui corpi in un riferimento accelerato è determinata dall'influsso delle stelle lontane, la cui massa è complessivamente molto superiore a quella di qualunque oggetto vicino.

Qualche spettatore di fronte a tali riproduzioni tecniche potrebbe tuttavia chiedersi: com’è possibile che il pendolo continui a ruotare indefinitamente, nonostante l’attrito, violando i principi della termodinamica, che affermano l’impossibilità di realizzare il moto perpetuo? Gli antichi affermavano in proposito che gli unici moti perpetui sono quelli relativi ai corpi celesti, che si perpetuano senza trovare resistenza dal mezzo nel quale si manifestano e non perdono quindi energia: sbagliavano di tanto? Un’altra spontanea domanda: i pendoli che dimostrerebbero la rotazione della Terra sono corroborati da meccanismi esterni che effettuano correzioni ed impulsi alle oscillazioni le quali, altrimenti, si smorzerebbero più o meno rapidamente? Non sarebbe questa una dimostrazione della presa in giro dello spettatore, invece di quella della terra?

Si consideri peraltro che la variazione del piano del pendolo provata da Foucault non deve essere considerata come un fenomeno fisico che si ripete sempre nello stesso modo. Tale fatto non è sistematico e regolare come ad esempio la caduta di una mela, che avviene sempre nello stesso senso, verso il basso. Il pendolo lasciato libero di oscillare può ruotare anche nel verso contrario a quello indicato da Foucault. Non è prevedibile infatti che la messa in moto di una nuova oscillazione avvenga nello stesso senso di quella precedente.

Quante prove ha fatto il fisico francese? È possibile reperire una tabella statistica con i risultati che egli effettuò circa le oscillazioni? Altri materiali inerti, come legno, marmo, si comportano nello stesso modo? O forse non vengono utilizzati nelle dimostrazioni, perché non possono subire interventi tali da mantenerli in moto concorde alle aspettative e quindi non garanti del fascino dello spettacolo? Oppure, perché si comportano in modo diverso da quelli utilizzati in genere?

Da parte nostra, in seguito ai lunghi anni di insegnamento di fisica, negli Istituti di Secondo Grado, con apparecchi dimostrativi del pendolo, abbiamo modestamente verificato che il piano di oscillazione a volte varia in senso destrorso, altre in senso sinistrorso, altre volte invece non si sposta né verso destra, né verso sinistra, ma oscilla fino a smorzarsi. Chiunque, peraltro, può verificare tale fenomeno con pendoli artigianali, come fece Foucault prima di realizzare quello maestoso esposto nel Pantheon parigino.

Peraltro, il pendolo di Foucault non si mette ad oscillare da solo. Se lo si pone nella sua posizione di equilibrio, fermo e perpendicolare al suolo, non si mette a dondolare autonomamente per un suo impulso interno, sollecitato inerzialmente dal moto della terra. Per vederlo oscillare, come spiega bene Foucault, occorre spostarlo dalla sua posizione di equilibrio, lasciandolo poi libero di raggiungere l’altra estremità e poi di ritornare nella posizione iniziale. E proprio qui sta la difficoltà maggiore. Il mettere in moto il pendolo senza influenzare le oscillazioni.

Si suppone, come dicevamo, per ipotesi avanzata dallo stesso scienziato, che il pendolo sia appeso ad un punto da considerarsi assolutamente fermo. Ma è possibile questo, se la Terra sulla quale è collegato sarebbe in movimento? Se i moti sono relativi, come giustamente affermava Galilei, può il pendolo di Foucault considerarsi come la prova definitiva del movimento della terra, rispetto a quello delle cosiddette stelle fisse e del sole? Relativamente parlando, tale esperimento non potrebbe dimostrare la tesi inversa, ossia la quiete della terra rispetto al moto del sole e quindi invalidare l’ipotesi eliocentrica?

Tale ipotesi inversa, che sia il cielo a ruotare rispetto alla Terra ferma come, in effetti, afferma il senso comune ed il realismo moderato, è stata radiata, tranciata, sotterrata in modo definitivo. Questo perché, forse, credere a quello che si vede, è troppo semplice per i nostri grandi scienziati, sempre impegnati a confermare la visione del mondo che la scienza massonica ha prodotto nella parabola di cinquecento anni di suo potere. La quale tuttavia sembra essere avviata sulla via del declino, in vista di una interpretazione dei fenomeni naturali e della vita che non escluda Dio dai suoi protocolli, ordinati, invece che alla prometeica celebrazione della ragione umana, alla ricerca sincera della Verità ordinata agli intramontabili valori cristiani che hanno consentito lo sviluppo sociale e politico della moderna società, oggi in fase di disfacimento morale ed economico.

 

                                 

                                     

 

venerdì 18 agosto 2023

                                    SCOPERTO CHE Il SEGNO DELLA CROCE E’ 

UN "GENERATORE DI LUCE” 

(SECONDO GLI SCIENZIATI RUSSI)

 

*IL SEGNO DELLA CROCE….*
Uno studio condotto in un laboratorio per le tecnologie medico-biologiche, ha suscitato un vero scalpore, ha dichiarato il giornale russo ”Vita”. Gli scienziati hanno dimostrato sperimentalmente che *il segno della croce uccide i germi e cambia le proprietà ottiche dell'acqua.* “Abbiamo confermato che l'antica usanza di fare il segno della croce sul cibo e bevande a tavola ha un profondo significato mistico con uso pratico: *il cibo viene pulito letteralmente in un attimo* e questo grande miracolo accade ogni giorno", dichiara Angelina Malahovskaya.

La ricerca sul potere del segno della croce, Malahovskaya e la sua squadra la stanno conducendo da quasi 10 anni.

Gli esperimenti riaffermano ripetutamente lo stesso; c'è un fenomeno scientifico: in acqua sono state trovate proprietà battericidi con la sua consacrazione con la preghiera e segno della croce. Una nuova (finora sconosciuta) proprietà della “Parola di Dio” è stata scoperta per trasformare la struttura dell’acqua, aumentando notevolmente la sua densità ottica nell’area ultravioletta dello spettro. La possibilità stessa di condurre queste ricerche è un miracolo per Angelina Malahovska e per i suoi colleghi di Pietroburgo: il progetto non è né finanziato né inserito nel programma di ricerca. Tuttavia gli scienziati si occupano gratuitamente con l’enorme volume di lavoro scientifico solo per consentire alle persone di sentire il potere curativo di Dio.

I fisici verificano l'azione della preghiera “Padre Nostro” e il segno della croce sui batteri patogeni. Per fare le ricerche sono stati prelevati campioni d'acqua provenienti da diversi bacini d'acqua: pozzi, fiumi, laghi. Tutti i campioni di uscita contengono stafilococco dorato. Dopo la lettura della preghiera “Padre Nostro” e il segno della croce sul campione si scopre che la quantità di batteri nocivi diminuisce 7, 10, 100 e anche più di 1000 volte!
Sulla condizione dell'esperimento, per escludere le influenze di una possibile suggestione del pensiero, la preghiera è letta sia dai credenti che dai non credenti.

Il numero di batteri patogeni nei ambienti diversi diminuisce ogni volta, rispetto al modello di controllo. L’influenza benefica della preghiera e del segno della croce hanno effetto benefico anche su tutti i partecipanti all'esperimento: in tutti la pressione sanguigna si stabilizza, migliorano anche gli esami del sangue. 

La cosa interessante è che nelle persone con pressione sanguigna bassa (ipotonia), la pressione sanguigna aumenta, e invece alle persone con pressione sanguigna alta (ipertensione), l’ipertensione cala. L'esperimento mostra anche un'altra peculiarità: quando il partecipante non è così concentrato o addirittura negligente nell' illuminare con il segno della croce (il centro della fronte, il centro del plesso solare, le fosse della spalla destra e sinistra), il risultato positivo dell'impatto diminuisce o addirittura è assente. 

Gli scienziati misurano anche la densità ottica dell'acqua prima e dopo l’illuminazione con il segno della croce. I risultati indicano che la densità ottica aumenta rispetto a quella iniziale. Secondo Angelina Malakhovskaya, questo significa che come se fosse l'acqua a “distinguere” il significato delle preghiere pronunciate su di essa, ricorda questo impatto e lo conserva sotto forma di maggiore densità ottica. Come se “si saturarsse” di luce. 
L’occhio umano, naturalmente, non riesce a catturare queste “curative variazioni nella struttura dell'acqua”, ma lo spettrografo dà una valutazione oggettiva del fenomeno. Il segno della croce cambia quasi istantaneamente la densità ottica dell'acqua. 
La densità ottica dell'acqua, su cui è stato eseguito un segno di croce, aumenta in modo diverso quando si esegue il segno della croce da un laico o da un sacerdote; al segno della croce eseguito di un laico, la densità ottica aumenta quasi 1,5 volte, invece quando è consacrata da una persona spirituale quasi 2,5 volte! Cioè, l'acqua “distingue” i gradi di consacrazione.

Interessante è il risultato nella consacrazione dell'acqua con il segno della croce da una persona che ha accettato il Santo Battesimo, ma è miscredente e non porta una croce. Si scopre che, l'acqua ''distingue'' addirittura i gradi di fede: la densità ottica in queste persone cambia appena solo del 10%! 

“I due terzi dell'organismo umano è acqua, il che significa che, nella creazione, Dio ha impostato in noi un tale sistema di canali biofisici, che regola tutti i processi biochimici nel organismo, che conosce il nome Gesù Cristo!", ragiona la scienziata. Si può dire che il segno della croce è un generatore di luce. In nessun altra posizione delle dita della mano, si verifica una variazione nella densità ottica dell'acqua idraulica.


venerdì 20 gennaio 2023

 

                                    TORINO SOLARE




Stretta fra il Po e la Dora, Torino racchiude inestricabili segreti, riconducibili forse alla sua stessa fondazione.

La leggenda infatti narra che dalle lande del nord, gli antichi Taurisci, portando con loro la mitologia legata al sacro monte di Thor, discesero fermandosi alla confluenza dove questi due fiumi formano una ipsilon Y, simbolo che richiama il bivio, la scelta fra la destra rivolta verso il cielo e la sinistra rivolta verso gli inferi.

In riferimento alla mitologia greca, un'altra saga narra dei sacrifici dei tori che il primo re di Atene, Cecrope, immolava a Giove, il quale si era unito alla divina Jo, che Ovidio assimila ad Iside. L’Italia si chiamava allora Appenninia, in riferimento al dio Api. La prima città dopo le Alpi venne così dedicata al toro solare, dal quale prese il nome: Torino.

Il culto verso la gran madre egizia Iside, sembra si svolgesse su di un ninfeo collinare prossimo al luogo ove oggi sorge la chiesa della Gran Madre.

Emanuele Filiberto Pingone (1525-1582) che scrisse la storia dei Savoia e di Torino propose nella sua opera Augusta Taurinorum la leggenda della fondazione di questa città rifacendosi all’opera del frate domenicano Annio da Viterbo (1432-1502). Tutto sarebbe iniziato nel 1529 a. C., quando il figlio di Iside, Fetonte o Eridiano, fondò alcune colonie sul confine tra Liguria e Piemonte. Sarebbe poi caduto nel Po durante una corsa su un carro che la leggenda trasformò in carro solare. Ove cadde, venne eretto un cippo e poi un grande tempio dedicato al dio Sole, disposto verso oriente, intorno al quale si formò la città chiamata prima Euridania o Fetontia, poi Torino.

Sarebbero stati gli stessi sacerdoti a distruggere questo tempio, per evitare che venisse profanato celandone così i segreti agli invasori, ultimi i romani. Le antiche e sacre reliquie insieme ad una grande ruota d’oro, riconducibile alla simbologia solare, sarebbero state celate in un luogo segreto. Si parla di un tempio sotterraneo localizzato sotto la pianta di Torino, il cui ingresso e passaggi sarebbero ancora ben custoditi e sconosciuti ai profani. In questo gigantesco tempio solare si sarebbero svolte le antiche cerimonie ed i rituali che delle popolazioni arcaiche le quali si radunavano periodicamente nella piana racchiusa tra la Dora e il Po.

Quanto narrato dal Pingone troverebbe riscontri pur vaghi in una iscrizione posta su una statua dedicata ad Iside, ritrovata nel 1567, tra le rovine dall’antica cittadella. Questo ritrovamento sembra alludere ad un tempio dedicato alla stessa dea egizia, sul quale sarebbe stata eretta una chiesa dedicata a san Solutore Maggiore, distrutta poi durante l’occupazione francese della città (1536-1563).

La leggenda del tempio di Iside non si è esaurita col tempo. L’azione spirituale di questa divinità sarebbe legata al culto segreto ad essa ancora rivolto da parte di ristrette confraternite. Voci dicono che alcuni Savoia stessi fossero molto interessati a questa dea alla religiosità ed ai reperti egizi, riportando a questa causa la costruzione dell’attuale museo egizio.

Resta però un fatto che sulle sponde del Po alla mezzanotte dell’8 ottobre 1859 sulla riva destra del Po, come da rituale, veniva costituita ufficialmente la loggia Ausonia, dopo che 45 anni prima, nel 1814, un editto aveva sancito “la proibizione delle congreghe ed adunanze segrete, qualunque ne sia la denominazione loro, e massime quelle de’ così detti Liberi Muratori, già proibita col Regio Editto del 20 maggio 1794”.

Oltre ai sette fratelli fondatori, venne a far parte di questa loggia torinese, Felice Govean, direttore della Gazzetta del Popolo, alfiere dell’anticlericalismo torinese, curatore della rubrica “Il Sacco nero”, nonché autore del dramma “I Valdesi”, pubblicato nel 1852. Questi primi esponenti, il 20 dicembre: “allo scopo di stabilire un Grande Oriente Italiano, scopo del quale si radunarono già altre volte … deliberarono che oggi stesso dovesse ritenersi costituito il Grande Oriente Italiano sotto il titolo di Grande Oriente d’Ausonia” posto sotto l’obbedienza del Grande Oriente di Parigi.

Si consideri peraltro che il debito esterno del Piemonte, consolidatosi dopo anni di continue guerre, raggiunse la cifra esorbitante di tre miliardi di lire, considerando il prodotto interno del Piemonte che ammontava a nove miliardi. Il sistema bancario francese era in mano ai Rothschild, venerabili del 33° del Grande Oriente Francese. Quindi la scelta dell’oriente francese rispetto a quello inglese fu assai conveniente per il Piemonte e casa Savoia.

Non per niente, lo sviluppo di questa loggia piemontese coincise con il ritorno al potere di Cavour, il quale attraverso di essa propagò la sua azione di politica moderata per preparare l’emancipazione italiana, sotto l’egida dei Savoia. A questa neo-loggia aderirono presto molte piccole logge italiane, già aderenti alla massoneria francese. Nel contempo vennero isolate quelle di obbedienza al rito scozzese, rito al quale apparteneva anche Giuseppe Garibaldi.

“Cavour, diabolicamente, aveva saputo giocare su due tavoli o meglio sulle due massonerie francesi e inglesi. In prima battuta, per preparare gli “eventi del sud”, abilmente si era servito dell’Inghilterra, che gli aveva organizzato un piano di calunnie con fomentazione varie sul territorio italiano; spregiudicatamente si era poi rivolto all’aiuto francese, sia per la guerra che per l’affare delle banche, e in ultimo si affidava, come se niente fosse, all’aiuto massonico inglese, in stretto collegamento con la massoneria americana” (Dora Liguori, Quell’amara unità d’Italia, Sibilla Editrice, Roma 2010, p.156).

Questa azione politica di Cavour tramite le logge massoniche offriva tre benefici ai tre rispettivi operatori del piano di liberalizzazione del territorio italico: con la conquista del meridione l’Inghilterra poteva avere via libera nello sfruttamento delle miniere siciliane di zolfo ed i commerci con l’Oriente attraverso il canale di Suez, ai Rothschild veniva assicurato l’accesso alle pingui casse del Banco di Sicilia e di Napoli in mano ai Borboni, al Piemonte sarebbe toccata l’unificazione e la sottomissione sotto l’egida dei Savoia di tutta l’Italia.

In virtù di tali grandi meriti strategici sotterranei, Cavour si presentava come il candidato ideale per reggere il Supremo Maglietto dell’Oriente Italiano. Il Gran Maestro di questa loggia Filippo Delfino, si riferì allo statista piemontese definendolo “nostro fratello conte Camillo Cavour … personaggio non estraneo ai nostri misteri”. Il quale tuttavia esitò a dichiarare la propria appartenenza alla Libera Muratoria per fini diplomatici e carrieristici, per meglio perseverare nella sua azione di politica espansiva e di rivoluzione sotterranea nell’ambiente liberale moderato. Egli avrebbe dovuto assumere la suprema carica di Gran Maestro, come auspicava lo stesso Govean, se non fosse per la sua repentina ed inattesa dipartita avvenuta il 6 giugno 1861, all’età di 51 anni. Egli comunque continuò ad essere celebrato nella terza loggia torinese, denominata appunto “Cavour” e fondata pochi mesi dopo la sua repentina morte, il 17 dicembre 1861.